RASSEGNA INTERNAZIONALE ACCADEMIE DI CANTO ALLE SALE APOLLINEE DEL TEATRO LA FENICE
Alle Sale Apollinee gli allievi dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala Prosegue presso le Sale Apollinee la Rassegna internazionale accademie di canto promossa dalla Fondazione Teatro La Fenice in collaborazione con alcune delle principali istituzioni liriche internazionali: dopo gli Opera Studio della Royal Opera House di Londra e dell’Opernhaus di Zurigo, domenica 11 maggio 2008 alle ore 17.00 sarà la volta dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala di Milano. Quattro le giovani voci che si esibiranno a Venezia accompagnate al pianoforte da James Vaughan, coordinatore dello staff musicale del Teatro alla Scala e per lungo tempo primo pianista di sala della Staatsoper di Vienna: il soprano Simge Bűyűkedes, il mezzosoprano Anita Raveli, il tenore Leonardo Cortellazzi e il baritono Simone Piazzola. La prima parte del programma sarà dedicata a liriche da camera italiane e francesi: il Brindisi dalle Sei romanze del 1845 di Giuseppe Verdi (Piazzola), l’Invito alla danza di Ottorino Respighi (Cortellazzi), «Oh, quand je dors» di Franz Liszt su testo di Victor Hugo (Cortellazzi), Fleur jetée op. 39 n. 2 di Gabriel Fauré (Raveli), e due mélodies di Francis Poulenc: C’est ainsi que tu es dalle tre Métamorphoses FP 121 e «Les gars qui vont à la fête» dalle sei Chansons villageoises FP 117 (Bűyűkedes). La seconda parte sarà invece dedicata a brani operistici: il duetto «Au fond du temple saint» dai Pêcheurs de perles di Georges Bizet (Cortellazzi e Piazzola), l’aria «Mon cœur s’ouvre à ta voix» da Samson et Dalila di Camille Saint-Saëns (Raveli), le due romanze «È la solita storia del pastore» dall’Arlesiana (Cortellazzi) e «Io son l’umile ancella» da Adriana Lecouvreur (Bűyűkedes) di Francesco Cilea, l’aria «O mio Fernando» dalla Favorita di Gaetano Donizetti (Raveli), la morte di Liù «Tu che di gel sei cinta» da Turandot di Puccini (Bűyűkedes) e la morte di Rodrigo «Per me giunto è il dì supremo» dal Don Carlo di Verdi (Piazzola). I biglietti – posto unico non numerato, € 25,00 intero, € 15,00 ridotto studenti, anziani e abbonati – sono acquistabili presso i punti vendita della rete Hellovenezia (Teatro La Fenice, Piazzale Roma, Ferrovia, Mestre, Dolo, Sottomarina) e un’ora prima dello spettacolo presso la biglietteria del Teatro La Fenice. Prossimi appuntamenti della rassegna: domenica 18 maggio Atelier Lyrique dell’Opéra national de Paris; domenica 8 giugno Accademia Rossiniana del Rossini Opera Festival di Pesaro; domenica 15 giugno Opera UCLA della University of California di Los Angeles. ACCADEMIA DI PERFEZIONAMENTO PER CANTANTI LIRICI DEL TEATRO ALLA SCALA Nata per volontà di Riccardo Muti nell’ottobre 1997 con l’obiettivo di dare continuità storica alla tradizione lirica italiana, l’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala raccoglie l’eredità della gloriosa scuola dei «Cadetti della Scala» voluta da Arturo Toscanini negli anni Cinquanta. Il percorso didattico dell’Accademia, giunta alla conclusione del quinto biennio di corso, si è arricchito in questi anni della presenza di numerosi docenti di fama internazionale quali Leyla Gencer (direttore artistico), Luis Alva, Teresa Berganza, Renato Bruson, Mirella Freni, Christa Ludwig, Leo Nucci, Renata Scotto, Luciana Serra, Shirley Verrett. L’attività di studio si intreccia costantemente con l’inserimento degli allievi nelle produzioni scaligere, a fianco di grandi interpreti e con debutto in ruoli di rilievo. Importante è poi l’attività concertistica – in Italia e all’estero – e la realizzazione di produzioni operistiche, dal Progetto Giovani ogni anno alla Scala, a spettacoli originali per occasioni diverse. La Bohème scaligera del settembre 2000, interamente interpretata dai giovani dell’Accademia, ha rappresentato il coronamento di un percorso artistico iniziato nel 1998 con Giulio Sabino di Giuseppe Sarti (Teatro Alighieri di Ravenna e Teatro dell’Aquila di Fermo) e proseguito con Nina o sia la pazza per amore di Giovanni Paisiello (Teatro Strehler di Milano), Cecchina, o sia la buona figliola di Niccolò Piccinni (Teatro Franco Parenti di Milano, Teatro Fraschini di Pavia, Teatro Piccinni di Bari) e Chi dell’altrui si veste presto si spoglia di Domenico Cimarosa (Festival Milano Estate). Nella stagione del centenario verdiano (2001) i giovani artisti dell’Accademia hanno interpretato Un giorno di regno, mentre l’anno seguente hanno proseguito nell’opera di riscoperta del repertorio giovanile di Verdi con Oberto, conte di San Bonifacio, con la quale, dopo il debutto scaligero, è stata aperta la stagione 2002-03 del Teatro Carlo Felice di Genova. Nel mese di ottobre 2003 si è aperto un nuovo ciclo artistico dell’Accademia con la messa in scena al Teatro Donizetti di Bergamo, al Teatro degli Arcimboldi e al Teatro Massimo Bellini di Catania di Ugo, conte di Parigi di Gaetano Donizetti, primo atto di una feconda collaborazione con il teatro bergamasco. La collaborazione con l’Ente è proseguita poi con la realizzazione di un altro titolo donizettiano, Parisina. Con il ritorno nella sede del Piermarini, nel settembre 2005 l’Accademia ha messo in scena con successo Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini nello storico allestimento di Jean-Pierre Ponnelle, ripetuto a giugno 2006 al Teatro degli Arcimboldi. Nell’ambito delle celebrazioni del 250º anniversario della nascita di Wolfgang Amadeus Mozart, i giovani artisti hanno interpretato in prima assoluta alla Scala Ascanio in Alba, opera scritta nel 1771 proprio a Milano. Ad Ascanio in Alba ha fatto seguito nel novembre 2007 Così fan tutte nello storico allestimento di Michael Hampe prima e in dicembre, al Piccolo Teatro di Milano, per il decennale dalla scomparsa di Giorgio Strehler, nello spettacolo creato dal grande regista milanese. Il ciclo mozartiano dell’Accademia si completerà nell’autunno prossimo con la messa in scena alla Scala delle Nozze di Figaro, nel celebrato spettacolo di Giorgio Strehler.
28 - 29 E 30 MARZO ANDREY BOREYKO DIRIGE AL TEATRO LA FENICE MUSORGSKIJ, Å OSTAKOVIÄ E RAVEL
Quarto weekend sinfonico del mese di marzo al Teatro La Fenice, dopo i due concerti beethoveniani diretti da Eliahu Inbal e Yuri Temirkanov il 7-9 e 15-16 marzo (un terzo, diretto da Inbal, seguirà il 4-6 aprile) e il concerto di musiche russe diretto da Temirkanov il 21-22 marzo. Venerdì 28 marzo 2008 alle ore 20.00 (turno S), con repliche sabato 29 alle 20.00 (fuori abbonamento) e domenica 30 alle 17.00 (turno U), il direttore pietroburghese Andrey Boreyko dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice in un concerto imperniato sulla figura di Modest Musorgskij, in ideale collegamento con il Boris Godunov in programma in settembre all’interno della Stagione lirica. Il concerto si aprirà con Alba sulla Moscova, titolo convenzionalmente attribuito al Preludio della ChovanÅ¡Äina, il dramma musicale in cinque atti ispirato alla rivolta degli strel’cy capeggiata nel 1682 dal principe Ivan Chovanskij che Musorgskij lasciò incompiuto e di cui Dmitrij Å ostakoviÄ curò nel 1958 una magistrale orchestrazione. Seguirà una composizione originale di Å ostakoviÄ anch’essa ispirata, come Boris e ChovanÅ¡Äina, alla storia russa del Seicento: L’esecuzione di Stepan Razin, cantata per basso, coro e orchestra op. 119 su un testo di Evgenij EvtuÅ¡enko basato sulla vicenda del capo cosacco squartato sulla Piazza Rossa nel 1671. Basso solista Vladimir Vaneev, direttore del Coro Alfonso Caiani. La seconda parte del concerto sarà interamente dedicata alla celebre trascrizione per orchestra realizzata nel 1922 da Maurice Ravel dei Quadri di un’esposizione di Musorgskij, geniale lavoro pianistico composto nel 1874 quale omaggio musicale all’architetto e pittore Victor Hartmann, da poco scomparso. La serale di sabato 29 marzo rientra nell’iniziativa «La Fenice per la città », la pomeridiana di domenica 30 nell’iniziativa «Giovani a Teatro», entrambe nell’iniziativa «La Fenice per la provincia». Composto nel 1874 e mai strumentato, come il resto dell’opera cui Musorgskij lavorò dal 1872 alla morte, lo spartito per pianoforte del Preludio della ChovanÅ¡Äina fu orchestrato due volte: nel 1886 da Rimskij-Korsakov e nel 1958 da Å ostakoviÄ, in occasione della versione cinematografica dell’opera curata dalla regista Vera Stroeva. Il titolo Alba sulla Moscova, normalmente utilizzato nelle esecuzioni concertistiche del brano, fu confezionato da Rimskij-Korsakov: il Preludio descrive infatti i colori del nascere del giorno sull’acqua del fiume di Mosca accanto alla Piazza Rossa, dove si svolge la prima scena. È in forma di tema – una sommessa melodia russa di chiaro sapore modale – e variazioni, nutrito di nostalgia verso una Russia arcaica che Musorgskij aveva ricostruito con minuzia nel suo monumentale affresco storico ambientato nel periodo immediatamente precedente l’avvento di Pietro il Grande. Composta da Å ostakoviÄ nell’autunno del 1964 e presentata il 28 dicembre nella Sala grande del Conservatorio di Mosca diretta da Kirill KondraÅ¡in con il basso Vitalij Gromadskij, la cantata L’esecuzione di Stepan Razin segue di poco la Tredicesima Sinfonia, anch’essa su un testo di EvtuÅ¡enko destinato alla voce di basso, anch’essa con l’apporto del coro, anch’essa con una vicenda storica – il massacro di Babij Jar del 1941 – narrata con le tecniche della moderna regia cinematografica. Il testo di EvtuÅ¡enko formava un capitolo del poema, ancora inedito, La centrale idroelettrica di Bratsk: nella quadreria di personaggi storici su cui riflettere gli attuali destini del popolo russo c’era il cosacco Sten’ka Razin, capo dei contadini insorti nel 1670 contro i boiari. Sui fotogrammi finali della biografia disperata, eroica, del giovane cosacco, Å ostakoviÄ costruisce un quadro musorgskiano di russa terribilità , crudo realismo e grande effetto spettacolare, in cui alla brutalità del linciaggio popolare risponde il ghigno amaro del giovane che ha combattuto per uno zar che credeva puro, e dal quale viene ora mandato a morte. Anche i Quadri di un’esposizione furono composti da Musorgskij nel 1874, come il Preludio della ChovanÅ¡Äina. Originale è la scelta di specchiare un’ideale visita al museo – la mostra di quadri di Victor Hartmann organizzata dagli amici per ricordare il pittore recentemente scomparso –, staccata sui fotogrammi successivi dei diversi quadri, in una carrellata di tavole destinate al bianco e nero del pianoforte. L’immagine da oggettiva, ferma, si anima sotto l’azione dell’occhio che ne rimette in moto i contenuti. La composizione esce rapidissima: nel giro di tre settimane è terminata. Nel 1922 Ravel ne restituirà la celebre trasposizione per orchestra che segnerà la definitiva consacrazione in Occidente di Musorgskij. Questi i titoli dei dieci quadri, collegati da alcune Promenades (passeggiate) basate su un tema ricorrente: Gnomus, Il vecchio castello, Tuileries, BydÅ‚o, Ballet des poussins dans leurs coques, Samuel Goldenberg und Schmuÿle, Limoges, Catacombae, Baba-Yaga, La grande porte de Kiev. ANDREY BOREYKO Nato a San Pietroburgo, ha studiato direzione d’orchestra e composizione con Elisabeta Kudriavtseva e Alexander Dmitriev presso il locale Conservatorio. Attualmente è direttore principale degli Hamburger Symphoniker e della Berner Symphonie-Orchester oltre che primo direttore ospite dell’Orchestra Sinfonica della Radio di Stoccarda. Precedentemente ha diretto le orchestre di Ul’janovsk, Ekaterinburg e Poznan ed è stato direttore principale della Winnipeg Symphony Orchestra e della Jenaer Philharmonie (con cui ha vinto per tre volte il premio dell’Associazione degli Editori Tedeschi per la migliore programmazione concertistica e di cui è oggi direttore onorario) e primo direttore ospite della Vancouver Symphony. Ha diretto le principali orchestre tedesche (Berliner Philharmoniker, Münchner Philharmoniker, Gewandhausorchester di Lipsia, Gürzenich-Orchester di Colonia, Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino, le orchestre sinfoniche delle radio di Amburgo e Berlino, Düsseldorfer Symphoniker, Junge Deutsche Philharmonie), europee (Philharmonia di Londra, Orchestra Nazionale Danese, Concertgebouw di Amsterdam, Orchestra Nazionale del Belgio, Orchestre Philharmonique de Radio France, Filarmonica di Stoccolma, Filarmonica di Oslo, Tonhalle di Zurigo, Orchestre de la Suisse Romande, Orchestra Sinfonica della Radio di Vienna, Orchestra Filarmonica Ceca, Orchestra Filarmonica di Varsavia, Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma, Orchestra Sinfonica della RAI di Torino, Orchestra del Teatro La Fenice, Orchestra Giovanile della Comunità Europea) e statunitensi (Chicago, Toronto e Boston Symphony Orchestra, New York Philharmonic e le orchestre di Pittsburgh, Detroit, Dallas, Los Angeles e Filadelfia) oltre alle orchestre sinfoniche di Sydney, Melbourne, Adelaide, Perth, Tokyo e Seul. Punto di forza del suo repertorio sono i compositori europei contemporanei, anche se i suoi interessi spaziano da Joseph Haydn a Arvo Paart, di cui ha recentemente diretto Lamentate con l’Orchestra Sinfonica della Radio di Stoccarda.
YURI TEMIRKANOV E MARIO BRUNELLO AL TEATRO LA FENICE
Venerdì 21 marzo 2008 alle ore 20.00 (turno S) con replica sabato 22 alle ore 17.00 (fuori abbonamento) il Teatro La Fenice ospiterà il secondo dei due concerti diretti da Yuri Temirkanov nell’ambito della Stagione sinfonica 2007-2008. Il programma, imperniato su musiche di autori russi, prevede nella prima parte il Secondo Concerto per violoncello e orchestra in sol maggiore op. 126 di Dmitrij Å ostakoviÄ, del 1966, solista Mario Brunello. La seconda parte sarà interamente dedicata alla Sinfonia n. 5 in mi minore op. 64 di Pëtr Il’iÄ ÄŒajkovskij, composta nell’estate del 1888. Dedicato a Mstislav RostropoviÄ, che lo eseguì al Conservatorio di Mosca il 25 settembre 1966 in una serata organizzata per festeggiare i sessant’anni del compositore, il Secondo Concerto per violoncello di Å ostakoviÄ, di sette anni posteriore all’estroverso e virtuosistico Concerto n. 1, è un lavoro dolente ed enigmatico, che oltre a essere l’ultima opera concertante dell’autore, segna anche l’inizio della sua ultima fase compositiva. La complessità e la grandiosità della costruzione orchestrale ne fa un’opera sinfonica, tanto che fu descritto come una sinfonia con violoncello obbligato: il solista e l’orchestra collaborano strettamente alla presentazione e allo sviluppo delle idee che si intrecciano in un tessuto orchestrale ruvido e cupo, ma non massiccio, basato su una grande varietà di combinazioni strumentali. Una trama sonora dall’incedere lento, dominata dallo humour amaro di fagotti, controfagotto e percussioni e raramente illuminata da plaghe sonore radiose affidate agli archi e all’arpa, un melodizzare frammentario e spigoloso, un carattere così introverso che sembra avere come unica alternativa quella di abbandonarsi alla farsa; queste le caratteristiche del concerto, che si articola in tre movimenti: un desolato e malinconico Largo, un Allegretto in forma di scherzo e, senza soluzione di continuità , un secondo Allegretto conclusivo che si rapprende alla fine su una nota sola, grave, del violoncello, accompagnata da un ostinato meccanico e martellante dello xilofono. Nata tra «indicibili pentimenti e fieri tormenti» tra il maggio e l’ottobre del 1888, la Quinta Sinfonia di ÄŒajkovskij, oggi uno dei lavori più amati e apprezzati del compositore, segna un momento di profonda crisi nella vicenda personale e compositiva dell’autore, e insieme uno snodo epocale nella storia della sinfonia romantica, giunta a un’importante svolta dopo la ‘seconda fioritura’ degli anni Settanta e Ottanta (Bruckner, Brahms, Borodin, Dvorák, Franck, il primo ÄŒajkovskij). La sensazione dell’avvilito ÄŒajkovskij di non essere più in grado di riaccendere la «generosità tematica» delle sinfonie precedenti corrisponde, sul piano stilistico, al fatto che rispetto alla Quarta la Quinta è strutturalmente basata non più sul principio della elaborazione tematica bensì su quello della perenne, costante, quasi ossessiva trasformazione motivica. Un unico tema ciclico riaffiora nei quattro movimenti, costituiti tuttavia da soggetti indipendenti l’uno dall’altro accostati secondo una logica compositiva basata sull’iterazione e non sullo sviluppo: un Allegro con anima preceduto da un Andante introduttivo dal carattere severo e inesorabile di marcia processionale; l’Andante cantabile con alcuna licenza, vero e proprio centro gravitazionale della sinfonia, che si apre con un’accorata melodia del corno; un Allegro moderato in forma di valzer, tipicamente Äajkovskiano nella sua pacata tristezza; il solenne ed enfatico Finale costituito da un grandioso Allegro vivace preceduto da un Andante maestoso che presenta il tema ciclico trasformato in un possente corale in modo maggiore. YURI TEMIRKANOV Dal 1988 è direttore artistico e direttore principale dell’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo. È inoltre principale direttore ospite dell’Orchestra Sinfonica della Radio Danese (dal 1998) e del Teatro Bol’šoj di Mosca e direttore emerito della Baltimore Symphony Orchestra. Nato a Nal’Äik, nel Caucaso, studia violino, viola e direzione d’orchestra al Conservatorio di Leningrado diplomandosi nel 1965. Vincitore nel 1966 del Concorso pan-sovietico di direzione d’orchestra, è invitato da Kiril Kondrashin a effettuare alcune tournée in Europa e Stati Uniti con il violinista David Oistrakh e l’Orchestra Filarmonica di Mosca. Debutta con l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo nel 1967, dove è dapprima assistente di Mravinskij, quindi direttore principale. Nel 1976 è nominato direttore musicale del Teatro Kirov dove rimane fino al 1988 dirigendo fra l’altro memorabili produzioni di Evgenij Onegin e La dama di picche. È regolarmente invitato a dirigere le principali orchestre europee: Berliner e Wiener Philharmoniker, Staatskapelle di Dresda, London Philarmonic, London Symphony, Concertgebouw, Santa Cecilia, la Scala, Royal Philharmonic di Londra (direttore principale dal 1992 al 1998, quindi direttore laureato), Filarmonica di Dresda (primo direttore ospite dal 1992 al 1997). Negli Stati Uniti dirige regolarmente le principali orchestre di New York, Philadelphia, Boston, Chicago, Cleveland, San Francisco e Los Angeles ed è stato direttore musicale della Baltimore Symphony Orchestra dal 2000 al 2006. Fra i numerosi riconoscimenti che gli sono stati tributati, la Medaglia del Presidente conferitagli nel 2003 da Vladimir Putin, il Premio Abbiati 2003 e, sempre nel 2003, la nomina a «direttore dell’anno» in Italia. È stato recentemente nominato accademico onorario di Santa Cecilia. MARIO BRUNELLO Nato nel 1960 a Castelfranco Veneto, ha iniziato gli studi musicali con Adriano Vendramelli, proseguendoli e perfezionandosi con Antonio Janigro. Nel 1986 vince, primo europeo nella storia del concorso, il Concorso Internazionale ÄŒajkovskij. Da allora suona il suo Maggini del XVII secolo (appartenuto a Franco Rossi del Quartetto Italiano) con tutte le più grandi orchestre e con direttori prestigiosi, tra cui Abbado, Gelmetti, Giulini, Gergiev, Muti, Ozawa, Mehta, Sawallisch. Con uguale passione coltiva la musica da camera, collaborando con solisti come Andrea Lucchesini, Yuri Bashmet, Gidon Kremer, il Quartetto Alban Berg e Giovanni Sollima, di cui ha anche eseguito numerose composizioni. Profondo conoscitore delle possibilità del suo strumento, musicista onnivoro ed interessato ad ogni forma musicale, Brunello è anche un insaziabile sperimentatore. Ha collaborato e collabora con musicisti jazz (Vinicio Capossela, Uri Caine, Gian Maria Testa, Paolo Fresu), attori (Maddalena Crippa e Marco Paolini), scrittori (Baricco, Benni), e sempre le sue interpretazioni ed invenzioni lasciano il segno pubblico e critica. L’ultimo progetto riguarda le Suites di Bach, di cui è considerato oggi uno dei massimi interpreti, con l’ausilio di video-proiezioni ed elettronica. In queste ultime stagioni ha collaborato intensamente con Claudio Abbado e le sue Orchestre del Festival di Lucerna e Orchestra Mozart, con quest’ultima anche in veste di direttore e solista. È stato nominato, più giovane tra tutti, accademico di Santa Cecilia.
ESPLORANDO PINOCCHIO
Le peripezie di un bambino di legno per diventare maggiorenne 14, 18 e 19 marzo 2008 Teatro Malibran, ore 10,00 Al Teatro Malibran di Venezia, venerdì 14 marzo (con repliche il 18 e il 19 marzo) alle ore 10,00, debutterà lo spettacolo multimediale Esplorando Pinocchio. Le peripezie di un bambino di legno per diventare maggiorenne, terzo dei quattro spettacoli di teatro musicale per la scuola prodotti per il 2008 dall’Area Formazione, Ricerca, Progetti innovativi del Teatro La Fenice nell’ambito del Programma di cultura narrativa e di aggiornamento metodologico per gli insegnanti intitolato “Viaggi, naufragi e incontri: avventure della fantasia tra credibile e incredibileâ€, curato da Domenico Cardone e realizzato in collaborazione con l'Assessorato Politiche Educative-Itinerari Educativi della Città di Venezia. Lo spettacolo di parola, immagine, danza e musica, su testo e con conduzione di Domenico Cardone e Valeria Vitale, in prima rappresentazione assoluta, è un viaggio virtuale alla (ri)scoperta delle Avventure di Pinocchio di Carlo Collodi, realizzato con percorsi videoanimati nelle invenzioni artistiche dei maggiori illustratori dall’ '800 ad oggi (ben 500 immagini ricavate da edizioni anche rare e fuori commercio) e impreziosito da invenzioni coreografiche su quattordici quadri musicali composti da Gabriele Di Toma eseguiti in scena dall'Ensemble Musicale del Conservatorio “C. Pollini†di Padova†composta da Nicoletta Zannoni (flauto), Carlo Maron (clarinetto), Fiorella Isola (sassofono contralto), Enrico Carraro (violino), Davide Bernardi (violoncello), Giulia Rettore (arpa), Chiara Comparin (pianoforte), Vanni Vespani (percussioni). Le coreografie sono di Laura Moro: ne sono protagonisti danzatori professionisti della Compagnia di danza contemporanea “Il Corpo pensante†diretto da Laura Moro assieme ad allievi del Cantiere di formazione professionale della Fondazione Morello di Castelfranco Veneto. I protagonisti e i ruoli sono: Caterina Basso (Pinocchio, Fata, Mangiafuoco), Maria Francesca Guerra (Pinocchio, Grillo), Alberto Boscolo Chio (Pinocchio, Gatto, Lucignolo), Alice Rusconi (Bambina, Marionetta), Marilù Cardin (Bambina, Marionetta, Volpe), Genny Venerando (Bambina/o, Marionetta), Eleonora Grotto (Bambina, Bambino), Eleonora Fraccaro (Bambina/o, Marionetta). Scene di Massimo Checchetto, costumi di Carlos Tieppo, luci di Vilmo Furian, allestimento del Teatro La Fenice. Lo spettacolo, rivolto ad alunni di scuola primaria e secondaria provenienti da tutto il Veneto per un totale di 1200 spettatori già prenotati e, nell'ultima recita, aperto anche agli universitari e al pubblico adulto in una versione di "lettura" più raffinata e smaliziata, presenterà sulla scena un’aula scolastica del passato: un maestro (Domenico Cardone) e una giovane tirocinante (Valeria Vitale) racconteranno a una classe dapprima un po’ annoiata e poi sempre più infervorata, sorvegliata da un maestro di musica dal talento compositivo (lo stesso M° Gabriele Di Toma) storie di Pinocchio e su Pinocchio dando voce ai personaggi: a ciò che pensano, a ciò che vogliono, a ciò che il testo di Collodi li “costringe a essere e a fare†affinchè la storia possa funzionare. Nel raccontarsi, i personaggi prendono a prestito, dall’autore stesso che li ha creati, i molti stili espressivi che egli è riuscito a far convivere nel suo capolavoro narrativo: così, queste storie si tingono di comicità (come per la baruffa, gli insulti e le botte che si scambiano i due bizzosi falegnami) o di epico, di giallo noir (evocando il tentato assassinio del Grillo parlante o i modi spicci del Gatto e la Volpe) di macabro, di magico e di fantastico, di grottesco, di realistico, di patetico e sentimentale... Mentre questi racconti scorrono, da un grande finestrone dell’aula, scorrono in parallelo le immagini, in un filmato appositamente realizzato dall’Istituto MetaCultura di Roma, quasi a voler dar corpo all’esplosione di immaginario, di interpretazioni, di reinvenzione creativa che l’ascolto e la lettura di questa storia può produrre in ogni spettatore sensibile. La classe è composta da sedici studenti, otto musicisti e otto danzatori, che esprimeranno il proprio coinvolgimento emotivo e narreranno caratteri e relazioni dei personaggi, chi attraverso la musica (i componenti del gruppo strumentale), chi con un irrefrenabile, poetico e umoristico, gioco corporeo (i danzatori) e in tal modo i quattordici quadri musicali composti dal Maestro Di Toma su altrettanti episodi del testo di Collodi, hanno modo di delineare e precisare con nitidezza, "visualizzati" attraverso l’invenzione coreografica di Laura Moro, le forme musicali: le associazioni timbriche, melodiche e armoniche, il dialogo ritmico, etc. in uno stile che, con i suoi accenti e un suono quasi gestuale, invita anche a possibili invenzioni ed esplorazioni psicomotorie una volta ritornati in classe. A tale scopo a tutti gli insegnanti ne è stato donato un cd, mentre, per gli studenti e il pubblico, è stato appositamente pubblicato un “Quaderno di Esplorazione†contenente i testi dello spettacolo, una selezione di illustrazioni e alcune aree di lavoro didattico-musicale. Costo dello spettacolo (durata: 85’): euro 6,00. Biglietti posti in vendita al Teatro Malibran, nei giorni delle rappresentazioni, a partire da un'ora prima dell'inizio.
YURI TEMIRKANOV DIRIGE ALLA FENICE LA QUINTA E LA SESTA SINFONIA DI BEETHOVEN
Il direttore russo Yuri Temirkanov dirigerà nel mese di marzo due concerti sinfonici al Teatro La Fenice, uno interamente beethoveniano – nell’ambito dell’integrale delle nove sinfonie prevista nella Stagione 2007-2008 –, l’altro dedicato a musiche russe. Il primo dei due concerti, programmato per sabato 15 marzo 2008 alle ore 20.00 (turno S) con replica domenica 16 alle ore 17.00 (turno U), prevede l’esecuzione di due capisaldi della letteratura sinfonica: la Sinfonia n. 5 in do minore op. 67 e la Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68, Pastorale, di Ludwig van Beethoven. La pomeridiana di domenica 16 è compresa nelle iniziative «La Fenice per la città » e «La Fenice per la provincia», promosse in collaborazione con le Municipalità del Comune di Venezia e la Provincia di Venezia, e rivolte ai residenti nel comune e nella provincia di Venezia. Composta fra il 1804 e il 1808 ed eseguita nel dicembre di quell’anno insieme alla Sesta in un’accademia musicale al Theater an der Wien, la Quinta Sinfonia è considerata come il paradigma del sinfonismo beethoveniano per l’eroica tensione etica incarnata in una dialettica drammatica di straordinaria intensità , coerenza e compattezza. Il celebre motto iniziale («così il destino batte alla porta» secondo le parole dello stesso Beethoven) è cellula generatrice dell’intero primo tempo grazie a una densissima e tesa elaborazione contrappuntistica, alla cui serrata aggressività si contrappone il sereno mi bemolle maggiore del secondo tema. Il secondo movimento, Andante con moto, è costituito da un tema di nobile cantabilità con tre variazioni di grande libertà formale. Segue un Allegro in forma di scherzo con trio, che si snoda a partire da una misteriosa ed inquieta idea iniziale in do minore, punteggiato di richiami al ritmo ‘fatale’ dell’inizio della sinfonia. Una transizione lo collega senza interruzione al gioioso Finale in do maggiore, un’esplosione di volontarismo eroico evidente fin dalla vittoriosa fanfara iniziale riconducibile a modelli francesi rivoluzionari. Iniziata nell’estate del 1807 e portata a termine nel maggio 1808, la Sesta Sinfonia è dedicata al principe Lobkowitz e al conte Razumovskij come la Quinta e, come questa, ha avuto la prima esecuzione il 22 dicembre 1808 al Theater an der Wien, sotto la direzione dell’autore. Nel programma del concerto l’opera era definita come Sinfonia Pastorale, piuttosto espressione del sentimento che pittura, e ognuno dei cinque movimenti portava un’indicazione programmatica: Arrivo in campagna, Scena presso il ruscello, Allegra riunione di contadini, Tempesta, Canto pastorale di ringraziamento alla divinità dopo la tempesta. L’opera si collega quindi al genere della musica a programma settecentesco nel momento stesso in cui lo supera, aprendo un nuovo capitolo nei rapporti fra musica e natura: l’interesse batte sull’«espressione del sentimento» piuttosto che sulla «pittura», e la natura, pur protagonista assoluta dell’opera, entra in gioco in quanto vista e sentita dall’uomo, tempio di una religione della benevolenza che ha nell’uomo il suo centro. YURI TEMIRKANOV Dal 1988 è direttore artistico e direttore principale dell’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo. È inoltre principale direttore ospite dell’Orchestra Sinfonica della Radio Danese (dal 1998) e del Teatro Bol’šoj di Mosca e direttore emerito della Baltimore Symphony Orchestra. Nato a Nal’Äik, nel Caucaso, studia violino, viola e direzione d’orchestra al Conservatorio di Leningrado diplomandosi nel 1965. Vincitore nel 1966 del Concorso pan-sovietico di direzione d’orchestra, è invitato da Kiril Kondrashin a effettuare alcune tournée in Europa e Stati Uniti con il violinista David Oistrakh e l’Orchestra Filarmonica di Mosca. Debutta con l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo nel 1967, dove è dapprima assistente di Mravinskij, quindi direttore principale. Nel 1976 è nominato direttore musicale del Teatro Kirov dove rimane fino al 1988 dirigendo fra l’altro memorabili produzioni di Evgenij Onegin e La dama di picche. È regolarmente invitato a dirigere le principali orchestre europee: Berliner e Wiener Philharmoniker, Staatskapelle di Dresda, London Philarmonic, London Symphony, Concertgebouw, Santa Cecilia, la Scala, Royal Philharmonic di Londra (direttore principale dal 1992 al 1998, quindi direttore laureato), Filarmonica di Dresda (principale direttore ospite dal 1992 al 1997). Negli Stati Uniti dirige regolarmente le principali orchestre di New York, Philadelphia, Boston, Chicago, Cleveland, San Francisco e Los Angeles ed è stato direttore musicale della Baltimore Symphony Orchestra dal 2000 al 2006. Tutti gli anni a Natale ospita a San Pietroburgo i principali solisti internazionali in occasione dell’International Winter Festival Arts Square. Fra i numerosi riconoscimenti che gli sono stati tributati, la Medaglia del Presidente conferitagli nel 2003 da Vladimir Putin, il Premio Abbiati 2003 e, sempre nel 2003, la nomina a «direttore dell’anno» in Italia. È stato recentemente nominato accademico onorario di Santa Cecilia.
YUTAKA SADO DIRIGE AL TEATRO MALIBRAN MUSICHE DI BEETHOVEN E SCHOENBERG
Giunge al sesto appuntamento la Stagione sinfonica 2007-2008 della Fondazione Teatro La Fenice. Sabato 9 febbraio 2008 alle ore 20.00 (turno S) e domenica 10 alle ore 17.00 (turno U) al Teatro Malibran il direttore giapponese Yutaka Sado guiderà l’Orchestra del Teatro La Fenice in un programma di musiche di Ludwig van Beethoven e Arnold Schoenberg. Aprirà il concerto l’Ouverture dalle musiche di scena op. 84 composte da Beethoven per il dramma Egmont di Goethe, seguita nella prima parte dalle Variazioni op. 31 di Schoenberg, prima composizione dodecafonica per orchestra del compositore viennese. La seconda parte del concerto sarà interamente dedicata alla Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93 di Beethoven, secondo appuntamento con l’integrale delle nove sinfonie. La pomeridiana di domenica 10 rientra nelle iniziative «La Fenice per la provincia», realizzata in collaborazione con la Provincia di Venezia e riservata ai residenti nella provincia, e «Giovani a Teatro», realizzata in collaborazione con la Fondazione di Venezia. Le musiche di scena per l’Egmont furono composte da Beethoven nel 1810 in occasione di una serie di rappresentazioni della tragedia di Goethe al Burgtheater di Vienna. L’Ouverture, composta per ultima, costituisce una folgorante sintesi della sostanza del dramma, imperniato sul personaggio di Egmont, eroe della lotta per la libertà delle Fiandre oppresse dagli spagnoli, condannato nel 1568 alla decapitazione dal Duca d’Alba. L’Allegro centrale, carico di energia e di tensione, è preceduto da un’introduzione lenta dominata dall’opposizione archi/fiati (spagnoli/fiamminghi), e sfocia in una vorticosa coda (Allegro con brio) del tutto indipendente dai materiali precedenti, che riprende l’ultimo brano delle musiche di scena, la Sinfonia di vittoria che accompagna la visione utopica di Egmont avviato al patibolo. Le Variazioni op. 31, iniziate nel 1926, furono concluse da Schoenberg nel 1928 su sollecitazione di Wilhelm Furtwängler che gli aveva proposto di presentare un suo nuovo lavoro alla Filarmonica di Berlino. La prima esecuzione, il 2 dicembre 1928, suscitò uno scandalo clamoroso, tanto che Furtwängler rinunciò ad eseguirle nelle repliche del concerto. Articolata classicamente in introduzione, tema, nove variazioni e finale, l’op. 31 è il primo lavoro per orchestra scritto da Schoenberg secondo il metodo dodecafonico e costituisce un testo esemplare su cui studiare la tecnica dodecafonica classica. La razionalità dell’altissimo magistero contrappuntistico sembra tuttavia voler costringere nelle proprie maglie una materia inventiva ancora profondamente legata alla coscienza espressionista dell’autore: la violenza che lo sforzo costruttivo esercita su tale materia lacerata e sconvolta, produce l’effetto di un freddo delirio di inaudita potenza. Eseguita per la prima volta il 27 febbraio 1814 nella Sala del Ridotto di Vienna, in un concerto tutto di musiche di Beethoven tra le quali spiccava ancora la Settima, l’Ottava Sinfonia si ricollega per molti aspetti (le dimensioni ridotte, la presenza di un minuetto anziché di uno scherzo) al Settecento di Haydn e di Mozart, allontanandosi dalla sublime urgenza contenutistica e dal titanismo eroico delle sinfonie precedenti. Scelta deliberata, frutto di un supremo dominio tecnico e formale, dimostrazione di una capacità quasi umoristica di giocare con le forme in un’ottica di serenità e sorridente leggerezza. YUTAKA SADO Yutaka Sado è stato recentemente nominato direttore musicale e artistico del nuovo centro musicale di Hyogo, presso Kobe, il più importante e ambizioso progetto culturale degli ultimi anni in Giappone. In questa veste dirige opere, concerti e importanti programmi dedicati alla formazione di giovani musicisti e del giovane pubblico, seguendo così direttamente le tracce del suo primo mentore, Leonard Bernstein. Nato a Kyoto nel 1961, a partire dal 1987 ha lavorato negli Stati Uniti con Leonard Bernstein e Seiji Ozawa, diventando l’assistente di quest’ultimo alla New Japan Philharmonic Orchestra. La sua carriera internazionale inizia nel 1989 con il Grand Prix al 39° Concorso Internazionale per direttori d’orchestra di Besançon. Vince in seguito il Premio speciale Davidoff in Germania e il Grand Prix al Concorso Bernstein di Gerusalemme nel 1995. Dal 1990 partecipa ogni anno al Pacific Music Festival di Sapporo fondato da Leonard Bernstein, divenendo anche direttore residente. Dal 1993 è direttore principale dell’Orchestre Lamoureux, cui ha restituito una posizione di primo piano nella vita musicale francese. Ospite regolare dell’Orchestre de Paris, delle altre importanti orchestre sinfoniche parigine, della Süddeutscher Rundfunk di Stoccarda, ha diretto fra l’altro l’Orchestre de la Suisse-Romande, la Gürzenich Orchester di Colonia, la Berliner Sinfonie-Orchester, la Filarmonica di Dresda, la Filarmonica di Amburgo, i Bamberger Symphoniker, la Bayerischer Rundfunk di Monaco, la Staatskapelle di Dresda. Nell’estate del 2003 è stato ospite del Festival di Aix-en-Provence con una nuova produzione della Traviata e nell’estate 2007 ha diretto Madama Butterfly al Festival di Orange. In Italia Yutaka Sado è ospite regolare dell’Orchestra Sinfonica di Santa Cecilia a Roma e dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, oltre ad aver diretto l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano (della quale è stato principale direttore ospite tra il 1998 e il 2001) e l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.
AL TEATRO MALIBRAN IL FLAMENCO DI MERCEDES RUIZ
Da mercoledì 30 gennaio a domenica 3 febbraio 2008 andrà in scena tutti i giorni al Teatro Malibran Juncá, uno spettacolo della CompañÃa de baile flamenco de Mercedes Ruiz, vincitore nel marzo 2007 del Premio della critica al Festival di Jerez. In scena la stessa Mercedes Ruiz, ideatrice e coreografa dello spettacolo, insieme con altri due bailaores, Antonio Lopez e Vanessa Rodriguez. La parte musicale sarà affidata ai cantaores David Palomar, David Lagos e Londro accompagnati dalle chitarre di Santiago Lara e Javier Ibáñez, dal pianoforte di Miguel Angel López e dalle percussioni di Perico Navarro. Musica originale di Santiago Lara, testi di Santiago Lara, David Lagos e della tradizione popolare, luci di Manu Llorens, costumi di Fernando Ligero. Lo spettacolo, prodotto da Daniela Lazary Arte y Movimiento in collaborazione con l’Agencia Andaluza para el Desarrollo del Flamenco, è presentato a Venezia dalla Fondazione Teatro La Fenice in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto. Cinque le repliche: mercoledì 30 gennaio (turno A1), giovedì 31 (turno D1) e venerdì 1 febbraio (turno E1) alle ore 20.00; sabato 2 (turno C1) e domenica 3 febbraio (turno B1) alle ore 15.30. La serale di venerdì 1 febbraio rientra nell’iniziativa «La Fenice per la città », la pomeridiana di domenica 3 nell’iniziativa «La Fenice per la provincia», entrambe nell’iniziativa «Giovani a Teatro». Juncá – che in caló, la lingua dei gitani andalusi, significa autentico, splendido, generoso – è il titolo scelto da Mercedes Ruiz per il suo nuovo spettacolo, presentato in prima mondiale alla Biennale dell’Arte Flamenca di Siviglia nell’ottobre 2006 e vincitore nel marzo 2007 del Premio della critica al Festival di Jerez. Con questo lavoro l’artista di Jerez desidera esplorare le sue radici culturali, che sono quelle del flamenco più puro, e condividere con il pubblico la propria arte, frutto creativo di una personalissima fusione di immagini della tradizione e nuove invenzioni. Condividendo quanto detto una volta dal celebre architetto catalano Antonio Gaudà – «Si trova l’originalità tornando alle origini» – Mercedes Ruiz ha intrapreso un analogo viaggio di esplorazione del baile flamenco per portare al pubblico la sua interpretazione delle tradizioni di Jerez e del patrimonio culturale dei suoi antenati. Juncá è esattamente questo: un ritorno alle origini, all’essenza, alle colonne portanti della cultura flamenca. Con la sua peculiare inventiva e personalità , l’artista osa reinterpretare questa forma d’arte e ci offre una singolare visione degli stili del canto e del ballo flamenco, nati proprio nella sua città . E così la seguidilla, la soleá e la bulerÃa, le cui origini storiche affondano proprio nella comunità di Jerez, diventano parti fondamentali dello spettacolo. Benché Mercedes Ruiz sia già considerata a livello internazionale come una delle maggiori personalità del teatro flamenco di oggi, non si è mai adagiata su clichés consolidati ma ha caratterizzato la sua carriera con una incessante ricerca coreografica ed espressiva, che contribuisce ad elevare, spettacolo dopo spettacolo, la sua dimensione artistica. MERCEDES RUIZ Mercedes Ruiz nasce nel 1980 e a soli sei anni inizia la carriera professionista con lo spettacolo Semilla flamenca diretto da Ana Maria López. Alcuni anni più tardi entra a far parte della compagnia Manuel Morao y los Gitanos de Jerez. Dal 1992 al 2002 si esibisce sui palcoscenici più importanti del mondo, collaborando con le più prestigiose compagnie di flamenco, tra le quali la CompañÃa de Antonio El Pipa e la CompañÃa de Eva Yerbabuena. Nel settembre 2002, dopo aver vinto il primo premio alla Biennale dell’Arte Flamenca di Siviglia, decide di intraprendere la carriera da solista formando una sua compagnia e creando il suo primo lavoro, Dibujo en el aire, che presenta, e continua a presentare, nei più importanti teatri del mondo. Nello stesso periodo partecipa a una lunga tournée come artista ospite con la compagnia di Antonio Canales. Nel gennaio 2005 debutta al Festival Flamenco di Nîmes il suo secondo lavoro, Gestos de mujer, con il quale sarà in tournée in Europa per oltre un anno. La consacrazione arriva grazie a Juncá, il nuovo lavoro presentato in prima mondiale alla Biennale dell’Arte Flamenca di Siviglia nell’ottobre 2006. Lo spettacolo ottiene un grande successo di critica e di pubblico e la porta ad essere presente nella stagione del Théâtre de la Ville di Parigi, fino a vincere nel 2007 il premio della critica al Festival di Jerez.
LA RONDINE DI GIACOMO PUCCINI
La Stagione lirica 2008 del Teatro La Fenice sarà inaugurata sabato 26 gennaio 2008 alle ore 19.00 con La rondine, commedia lirica in tre atti di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Adami, nella prima, 1917, delle tre versioni del lavoro. Regista del nuovo allestimento, in coproduzione con il Teatro Verdi di Trieste, sarà Graham Vick, Peter J. Davison curerà le scene, Sue Willmington i costumi. Coreografie di Ron Howell, light designer Peter Kaczorowski. Carlo Rizzi dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice. Fra gli interpreti, Fiorenza Cedolins (26, 29, 31/1) e Maria Luigia Borsi (27, 30/1, 3/2 e 5/2) Magda, Sandra Pastrana (26, 29, 31/1 e 3/2) e Oriana Kurteshi (27, 30/1 e 5/2) Lisette, Fernando Portari (26, 29, 31/1 e 3/2) e Arturo Chacón-Cruz (27, 30/1 e 5/2) Ruggero, Emanuele Giannino (26, 29, 31/1 e 3/2) e Mark Milhofer (27, 30/1 e 5/2) Prunier, Stefano Antonucci Rambaldo, George Mosley Péricaud, Iorio Zennaro Gobin, Giuseppe Nicodemo Crébillon, Sabrina Vianello Yvette, Giacinta Nicotra Bianca, Annika Kaschenz Suzy, Andrea Zuapa un maggiordomo. La prima di sabato 26 gennaio 2008 sarà seguita da sei repliche, il 27, 29, 30, 31 gennaio e il 3 e 5 febbraio 2008. Informazioni o prenotazioni al Call Center Hellovenezia 041/2424. La rondine appartiene al periodo della maturità di Puccini, il quale nel 1913 prese in considerazione l’ipotesi di scrivere un’operetta, forma spettacolare costituita da dialoghi recitati e pezzi cantati, allettato dall’offerta di una cospicua somma di denaro da parte della direzione del Carltheater, teatro viennese specializzato in questo genere. L’attenzione del musicista si concentrò sul secondo soggetto che gli venne proposto: il canovaccio di Willner e Reichert fu tradotto e versificato da Giuseppe Adami nella forma di un libretto italiano tradizionale. La partitura fu completata nell’aprile 1916, dopo l’entrata in guerra dell’Italia e l’opera fu data per la prima volta in campo neutro a Monte-Carlo il 27 marzo 1917 con successo trionfale. In seguito Puccini sottopose questo lavoro a diverse revisioni, ma la versione rappresentata nel 1917 è tuttora la più apprezzata. La vicenda è ambientata in Francia durante il Secondo Impero napoleonico (1852-70). La cortigiana Magda de Civry, mantenuta dal banchiere Rambaldo, conosce durante un festeggiamento a casa propria il giovane Ruggero Lastouc, da poco giunto dalla provincia. Essa lo raggiunge in incognito in un locale parigino e qui si innamora di lui, credendo così di rinnovare una magica avventura del passato. Come una rondine in fuga verso il sole, Magda abbandona il banchiere e va a vivere con Ruggero in Costa Azzurra. A corto di denaro il giovane scrive ai genitori e chiede il consenso a sposare l’amata, che gli viene prontamente concesso. Tuttavia la prospettiva di appartenere totalmente a qualcuno e di dover rinunciare alla vita brillante precedente atterrisce a tal punto Magda che essa, pur desolata, lascia l’innamorato Ruggero, disperato per questa scelta. La trama della Rondine, incentrata sulle istanze modernissime della difficoltà di amare e del primato della realizzazione individuale, contiene evidenti riferimenti a celebri opere del passato, quasi certamente voluti. Si pensi a Sapho (1897) di Massenet, storia dell’amore tra una donna di mondo e un giovane provinciale, che la protagonista alla fine abbandona, alla Traviata (1853) di Verdi, con un tocco di Pipistrello (1874) di Johann Strauss. I primi due primi numeri chiusi del primo atto sorreggono l’arco drammatico dell’intera opera e contengono in nuce gli sviluppi della vicenda, colorando di nostalgia il prosieguo del dramma. La grazia ingenua e sentimentale di tali pezzi iniziali, legata alla primitiva destinazione operettistica, resta tuttavia in sostanziale contrasto con il resto di un lavoro che a tratti ricorda La bohème per la musica brillante e ironica e il ritmo fluido e danzante, «immagine di una visione irrequieta e caleidoscopica della realtà che non tollera interruzioni» (Fedele D’Amico).