ELEKTRA DI RICHARD STRAUSS
Giovedì 28 febbraio 2008 alle ore 19.00 andrà in scena al Teatro La Fenice Elektra, tragedia in un atto op. 58 di Richard Strauss su libretto di Hugo von Hofmannsthal da Sofocle. L’opera sarà diretta da Eliahu Inbal, direttore musicale della Fondazione Teatro La Fenice, coadiuvato dal direttore del Coro Alfonso Caiani. Il cast sarà formato da Mette Ejsing nel ruolo di Clitemnestra, Gabriele Schnaut in alternanza con Brigitte Pinter in quello di Elettra, Elena Nebera in quello di Crisotemide, Kurt Azesberger in quello di Egisto e Peter Edelmann in quello di Oreste; Duccio Dal Monte sosterrà il ruolo del precettore di Oreste, Vito Maria Brunetti quello del vecchio servo, Gundula Hintz quelli dell’ancella dello strascico e della quarta ancella; Liesl Odenweller sarà la confidente, Iorio Zennaro il giovane servo, Alexandra Wilson la sorvegliante, Kismara Pessatti, Julie Mellor, Melanie Maennl e Eva Oltiványi la prima, seconda, terza e quinta ancella. L’opera sarà presentata nell’allestimento della Fondazione Teatro di San Carlo di Napoli, vincitore del Premio Abbiati 2004 come miglior spettacolo del 2003: regia di Klaus Michael Grüber (ripresa a Venezia da Ellen Hammer), scene e costumi di Anselm Kiefer (ripresi da Christoff Wiesinger e Ursula Patzak), luci di Guido Levi. Lo spettacolo, in lingua originale con sopratitoli in italiano, avrà cinque repliche, tutte in abbonamento nella Stagione lirica 2008: giovedì 28 febbraio alle ore 19.00 (turni A1-A2), domenica 2 marzo alle ore 15.30 (turni B1-B2), mercoledì 5 alle 19.00 (turni E1-E2), sabato 8 alle 15.30 (turni C1-C2) e martedì 11 alle 19.00 (turni D1-D2). Dopo il grande successo di Salome tratta da Oscar Wilde (1905), Richard Strauss nel 1906 si mise alla ricerca di un nuovo soggetto: la scelta cadde su Elektra di Sofocle «riscritta per le scene tedesche da Hugo von Hofmannsthal», che aveva visto a Berlino nel 1903 con la stessa attrice protagonista di Salome, Gertrud Eysoldt. Poeta, drammaturgo e saggista, Hofmannsthal proveniva da una ricca famiglia viennese, era più giovane di Strauss di circa dieci anni e la sua formazione culturale era molto diversa da quella del musicista. Composta tra luglio e settembre 1908, Elektra segna il primo episodio di una collaborazione destinata a produrre alcuni vertici del teatro musicale novecentesco come Der Rosenkavalier (1911), Ariadne auf Naxos (1912), Die Frau ohne Schatten (1919), Die ägyptische Helena (1928) e Arabella (1933). In quest’atto unico, ambientato nella reggia degli Atridi a Micene, si esplora un’umanità violenta sotto «il cielo misterioso e fatale della Grecia preclassica» (Giulio Confalonieri). Elettra, sorella di Oreste e Cristotemide, è figlia del re di Micene Agamennone, partito per la guerra di Troia. La moglie Clitennestra e il suo amante, Egisto, uccidono a tradimento Agamennone al suo ritorno e fanno esiliare Oreste. Le due figlie, mal tollerate a corte, rappresentano psicologie contrapposte: Crisotemide, timorosa e femminile, vorrebbe continuare a vivere, sposarsi, avere dei figli; Elettra, apparentemente più decisa e audace, è a tal punto spezzata dal dolore da non vedere nella propria vita che la possibilità di vendicare il padre. La loro attesa è interrotta dal falso annuncio della morte di Oreste, il quale invece giunge assieme a un compagno per uccidere la madre indegna e il suo compagno. Compiuta la vendetta, Elettra viene meno dopo una folle danza di gioia. Hofmannsthal mantiene a grandi linee lo svolgimento della tragedia sofoclea, ma l’interpretazione dei fatti è passata attraverso le recenti acquisizioni psicologiche e letterarie. In particolare Elettra, che come la Brünnhilde di Wagner è un caso di fissazione paterna, si caratterizza per un grado di febbre ed ossessione che non risulta in Sofocle. Per ottenere nuovi monumentali effetti sonori Strauss amplia l’organico orchestrale e porta il proprio vocabolario al limite dell’atonalità . Gli sporadici atonalismi di Elektra servono però a descrivere la condizione spirituale esacerbata dei personaggi più che a promuovere orientamenti musicali innovativi: dopo aver qui esplorato gli abissi dell’armonia, il compositore non volle percorrere la via rivoluzionaria che pure la sua straordinaria preparazione tecnica gli avrebbe consentito. Rappresentata per la prima volta al Königlisches Opernhaus di Dresda il 25 gennaio 1909, diretta da Ernst von Schuch, Elektra ricevette un successo di stima, poi eclissato dall’accoglienza tributata al Rosenkavalier e dallo scoppio della prima guerra mondiale, e ritornò in repertorio solo verso gli anni Trenta.
TOSCA DI GIACOMO PUCCINI
Quarto appuntamento con la Stagione lirica, Tosca, melodramma in tre atti di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, andrà in scena venerdì 23 maggio 2008 al Teatro La Fenice, con repliche il 24, 25, 27, 28, 29, 30 e 31. Daniele Callegari dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice, Daniela Dessì interpreterà il ruolo di Tosca, Walter Fraccaro e Fabio Armiliato quello di Mario Cavaradossi, Alessandro Spina quello di Cesare Angelotti, Roberto Abbondanza il sagrestano e Iorio Zennaro Spoletta. L’allestimento proviene dalla Staatsoper di Amburgo con la regia di Robert Carsen e le scene e i costumi di Anthony Ward. Steso dai fidati Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, il libretto di Tosca fu tratto dall’omonima pièce del drammaturgo francese Victorien Sardou (Parigi 1887), che Puccini ebbe l’occasione di veder recitata da Sarah Bernardt a Milano e Torino nel febbraio e marzo del 1889. Il compositore toscano poté lavorare a Tosca tra l’estate 1895 e l’ottobre 1899, fino all’esordio del 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma. Da allora la vicenda d’amore e morte intrecciata al contesto politico tardosettecentesco della restaurazione papale ha letteralmente dilagato, spopolando sui palcoscenici italiani ed internazionali. Rispetto al pubblico favore che ancor oggi fa di Tosca uno dei titoli più amati dell’opera lirica, non altrettanto positiva e concorde fu invece la reazione dei critici, molti dei quali ne considerarono con sospetto il carattere di dramma ‘a forti tinte’, intessuto d’azioni e passioni estreme: amore e gelosia, gioia e prostrazione, commozione e cinismo, tenerezza idilliaca e truce violenza. In verità l’accusa che tuttora più spesso si sente muovere a Tosca – l’essere costantemente esposta al rischio di un kitsch grand-guignolesco – è parziale: essa verte solo intorno a taluni aspetti della vicenda e non tiene conto del fatto che, oggi come ieri, questa presenta contenuti non propriamente banali o scontati, come l’equivalenza tra fede bigotta e ipocrisia, potere politico e corruzione. Muovendo inoltre dall’ovvio assunto che un’opera è non solo un libretto, ma anche una partitura, bisognerebbe saper riconoscere la dirompente energia drammatica posseduta dalla musica di Tosca. In essa l’obiettivo di una capillare aderenza all’azione appare assolutamente centrato e la creatività di Puccini – alla ricerca, dopo l’intimismo della Bohème, di nuovi soggetti e situazioni drammatiche – poté conseguire nuovi traguardi nel coniugare suggestioni desunte dall’opera verista a un’interpretazione del soggetto storico in chiave realistica. Sul piano musicale ciò dischiuse possibilità d’invenzione inedite che spaziano dal recupero della modalità alla sperimentazione di regimi stilistici radicalmente alternativi a quelli tradizionali, di norma associati dalla storiografia a nomi quali Schoenberg, Stravinskij e Debussy. Proprio l’intensa ammirazione provata per Tosca da autori quali Schoenberg e Berg dovrebbe indurre alla riflessione e spingere a considerare l’opera in una prospettiva diversa: quella che, già venticinque anni or sono, additava Fedele D’Amico in un inascoltato auspicio: «Salome, Elektra, Wozzeck: si dovrà ben trovare il coraggio, un giorno o l’altro, di nominare Tosca nella lista; cronologicamente verrebbe al primo posto».
LA LEGGENDA DEL SERPENTE BIANCO, OPERA CINESE IN PRIMA ASSOLUTA AL TEATRO MALIBRAN E ALLE OLIMPIADI 2008 DI PECHINO
Il 23 luglio 2008 con repliche il 24, 25, 26 e 27 andrà in scena al Teatro la Fenice in prima rappresentazione assoluta. La leggenda del serpente bianco, opera cinese di Zhu Shaoyu su libretto di Zou Jingzhi tratto da un’antica favola cinese. Zhang Jiemin dirigerà l’Orchestra del Teatro La Fenice. Chen Weya curerà la regia, Gao Guanjian le scene, Tim Yip i costumi. Lo spettacolo, che in agosto sarà presentato a Pechino in occasione dei giochi olimpici 2008, è in coproduzione con il Gehua Cultural Development Group, il Beijing Grand Theatre, Living Arts New York e Opera Italiana. Il regista Zhang Yimou, presidente della giuria della 64. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nonché coordinatore delle cerimonie di apertura e chiusura dei giochi olimpici a Pechino 2008, in occasione della conferenza stampa di presentazione della stagione 2008 della Fenice ha fatto pervenire al Teatro questa sua dichiarazione-testimonianza a proposito dell’opera cinese che la Fenice presenterà in prima mondiale al Malibran il prossimo giugno e che successivamente sarà a Pechino al Gran Teatro durante il periodo dei giochi. «Prima di tutto devo dire che trovo eccellente l’idea di presentare in prima mondiale a Venezia una nuova edizione della Leggenda del serpente bianco, una favola dell’antichissima tradizione popolare cinese, sicuramente la più conosciuta nel mio Paese. Ritengo che sia ideale che la cosa succeda in Italia, perché le nostre due culture, pur molto diverse, hanno a mio avviso molti punti in comune, come per esempio il valore della famiglia all’interno della società ; ma trovo ancor più importante che succeda a Venezia, città che ha con la Cina un rapporto culturale strettissimo a partire dai tempi di Marco Polo. La leggenda del serpente bianco – prosegue Zhang Yimou – è una storia d’amore, ma anche di passione, dolore e ribellione dall’oppressore, una storia dai significati molto profondi, che credo potrà avere molto successo in Italia e nel mondo. Penso tuttavia che sarà necessario un attento lavoro di regia per far comprendere al vostro pubblico il nostro linguaggio. Per questo ritengo che la scelta come regista dell’opera del mio carissimo amico Chen Weya, da anni mio strettissimo collaboratore, sia molto felice. Chen Weya è persona di grande spessore culturale che come tutti sanno ho voluto con me nelle cerimonie di apertura e chiusura dei giochi di Pechino 2008, dove gli saranno affidati dei compiti molto importanti. Mi complimento con la Fenice – conclude il regista – per l’impegno di aver inserito il titolo nella sua stagione lirica, nonché per la scelta di promuovere una giovane direttrice d’orchestra cinese, Zhang Jiemin, e auguro a tutti un grande successo».
DEATH IN VENICE DI BENJAMIN BRITTEN
Death in Venice di Benjamin Britten Death in Venice (Morte a Venezia) op. 88 di Benjamin Britten, opera in due atti su libretto di Myfanwy Piper dalla novella di Thomas Mann, andata in scena in prima europea (tre mesi dopo la prima assoluta al Festival di Aldeburgh) il 20 settembre 1973 al Teatro La Fenice, tornerà sul palcoscenico del teatro veneziano venerdì 20 giugno 2008 alle ore 19.00 (turni A1-A2), con repliche domenica 22 (turni B1-B2, ore 15.30), mercoledì 25 (turni D1-D2, ore 19.00), venerdì 27 (turni E1-E2, ore 19.00) e domenica 29 (turni C1-C2, ore 15.30). Bruno Bartoletti dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice (direttore del Coro Alfonso Caiani), il tenore Marlin Miller interpreterà il ruolo di Gustav von Aschenbach, il baritono Scott Hendricks i sette ruoli del viaggiatore, del bellimbusto attempato, del vecchio gondoliere, del direttore dell’albergo, del barbiere, del capo dei suonatori ambulanti e della voce di Dioniso, il controtenore Razek-François Bitar il ruolo della voce di Apollo. I danzatori Alessandro Riga e Danilo Palmieri saranno rispettivamente Tadzio e Jaschiu. Nei ruoli minori saranno impegnati Sabrina Vianello, Liesbeth Devos, Julie Mellor, Marco Voleri, Shi Yijie, William Corrò e Luca Dall’Amico, oltre a numerosi solisti del Coro, danzatori e mimi. L’allestimento, Premio Abbiati 2000 quale miglior spettacolo del 1999, è quello della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova, regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi e coreografia di Gheorghe Iancu. Light designer Vincenzo Raponi. L’opera sarà presentata in lingua originale con sopratitoli in italiano. Durante l’intervallo sarà possibile richiedere il rimborso dei biglietti acquistati a suo tempo per La leggenda del serpente bianco, l’opera cinese programmata in prima mondiale dal 23 al 27 luglio e rimandata a data da destinarsi per un imprevisto ritardo nella produzione. Ambientata a Venezia, città prediletta dal compositore inglese, Death in Venice è l’ultima opera di Benjamin Britten, scritta tra il 1971 e il 1973 su un soggetto desunto dalla novella omonima di Thomas Mann (1912). Il libretto fu affidato da Britten a Myfanwy Piper, sperimentata collaboratrice e moglie dello scenografo di fiducia John Piper, che ne curò il primo allestimento. Il lavoro andò in scena in prima mondiale al Festival di Aldeburgh il 16 giugno 1973 e in prima europea il 20 settembre al Teatro La Fenice di Venezia. Di tutte le opere di Britten è quella più strettamente dipendente dalle caratteristiche vocali e dalle raffinatezze stilistiche del tenore Peter Pears, storico interprete dei lavori teatrali britteniani, cui è dedicata. Evidenti sono i riflessi autobiografici: Gustav von Aschenbach e il compositore britannico hanno in comune la strenua autodisciplina, il riserbo, la vocazione artistica come passione totalizzante, il sentimento della dicotomia tra ordine e caos, bellezza e conoscenza. Altro tema fondamentale è la corruzione dell’innocenza e la colpa come fonte di dubbio interiore, che il compositore registra con implacabile sensibilità , senza indicare alcuna via d’uscita. Sul piano espressivo Britten fece ricorso a strategie diverse, dalla serialità ad elementi modali e tonali e alla tecnica del Leitmotiv, in una scrittura essenzialmente cameristica. Sono previsti tre soli cantanti: un tenore per Aschenbach, un controtenore per la voce di Apollo, un baritono che ricopre tutti gli altri ruoli, accomunati dalla loro natura di annunciatori del fato, mentre il giovane Tazio e la sua famiglia sono danzatori. Tale economia di mezzi, vocali e strumentali, accentua l’idea drammatica di fondo e si traduce in una toccante essenzialità .
LA VIRTù DE€™ STRALI D€™AMORE DI FRANCESCO CAVALLI
Proseguirà anche nel 2008 la collaborazione della Fondazione Teatro La Fenice con Fabio Biondi e l’orchestra Europa Galante, volta alla riscoperta di capolavori poco eseguiti del repertorio barocco. Dopo La Didone di Francesco Cavalli (settembre 2006) ed Ercole sul Termodonte e Bajazet di Antonio Vivaldi (ottobre 2007), il 10 ottobre 2008 andrà in scena al Teatro Malibran in prima rappresentazione italiana in tempi moderni La virtù de’ strali d’amore, opera tragicomica musicale in un prologo e tre atti di Francesco Cavalli su libretto di Giovanni Faustini. Fra gli interpreti Cristiana Arcari (Erabena), Marco Scavazza (primo marinaio/Evagora), Filippo Morace (secondo marinaio/Saturno), Donatella Lombardi (Cleria/Venere), Ugo Guagliardo (Meonte), Roberta Invernizzi (Cleandra), Gemma Bertagnolli (Clito e la Fama), Lucia Cirillo (Leucippe e Clarindo), Monica Piccinini (Ericlea e Psiche), Roberto Abbondanza (Darete e Marte) e Gian Luca Zoccatelli (Mercurio). L’allestimento dello spettacolo è affidato al laboratorio integrato di regia, scenografia e costume della Facoltà di Design e Arti dell’Università IUAV di Venezia. La prima di venerdì 10 ottobre sarà seguita da tre repliche, il 12, 14 e 16.
NABUCCO DI GIUSEPPE VERDI
Nabucco di Giuseppe Verdi e avvenimenti culturali La nona opera in programma nella Stagione lirica 2008 sarà Nabucco, dramma lirico in quattro parti di Giuseppe Verdi su libretto di Temistocle Solera, in scena al Teatro La Fenice a partire da domenica 19 ottobre 2008. Interpreti Leo Nucci in alternanza con Alberto Gazale (Nabucco), Roberto De Biasio (Ismaele), Ferruccio Furlanetto (Zaccaria), Paoletta Marrocu in alternanza con Alessandra Rezza (Abigaille), Anna Smirnova in alternanza con Daniela Innamorati (Fenena), Francesco Musinu (il grande sacerdote di Belo), Luca Casalin (Abdallo) e Francesca Sassu (Anna). L’opera sarà proposta nell’allestimento della Staatsoper di Vienna con la regia e scene di Günter Krämer, costumi di Falk Bauer, light designer Guido Petzold e proiezioni di Axel Block. La prima di domenica 19 ottobre sarà seguita da sette repliche, il 21, 22, 24, 25, 26, 28 e 29. Stando alle fonti – non sicurissime – di cui disponiamo, pare che la non comune vicenda di Nabucco fosse stata proposta a Verdi dall’impresario del Teatro alla Scala Bartolomeo Merelli, dopo che il giovane Otto Nicolai l’aveva sprezzantemente rifiutata dichiarando di non apprezzare «rabbia perpetua, spargimento di sangue, maledizioni, frustate e omicidi». Oltreché dalla Bibbia, il librettista Temistocle Solera, già collaboratore di Verdi per Oberto, conte di San Bonifacio e futuro estensore di Attila, attinse dal dramma Nabuchodonosor di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornu (Parigi 1836) e dall’omonimo ballo storico di Antonio Cortesi (Teatro alla Scala 1838). Pare assodato che Verdi abbia iniziato a lavorare all’opera non prima del maggio 1841. Quanto alla motivazione a comporre su un simile soggetto, forse proprio gli stessi aspetti criticati da Nicolai furono quelli che maggiormente stimolarono l’inventiva di Verdi: da giovane egli ricercava precisamente drammi dai contenuti ‘forti’ e dalle contrapposizioni nette, semplici e, per l’appunto, ‘melodrammatiche’ perché più consentanee ad una drammaturgia musicale dalle tinte accese ed intense, concepita per il massimo coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore. È possibile inoltre che l’affinità di soggetto con gli esempi di opere ‘corali’ rossiniane potesse in qualche modo stimolare Verdi all’emulazione: un atteggiamento che in effetti avrebbe trovato modo di manifestarsi anche nella sua irremovibile decisione di andare in scena nel 1842 a carnevale, nonostante la titubanza di Merelli che temeva un paragone troppo diretto fra il giovane autore ed i più illustri Donizetti, Bellini e Pacini, già inseriti in cartellone. Non secondario, per la data del debutto, fu anche la conoscenza del cast a disposizione del Teatro alla Scala in quel carnevale, che comprendeva il più celebre baritono dell’epoca, l’acclamatissimo Giorgio Ronconi, il soprano Giuseppina Strepponi (proprio lei: la sua futura moglie) e il basso profondo Prosper Dérivis. La biblica grandeur è elemento fondamentale di quest’opera, che si traduce nel ricorso a sonorità piene e nel frequente e massiccio uso degli ottoni e della banda. Nabucco è tuttavia anche un dramma d’individui, che incontra un culmine di rarefatta e raffinata delicatezza d’orchestrazione nella conclusione e un momento d’altissima individuazione drammatica nella delineazione degli alterni stati d’animo che avvincono Nabucco al termine del secondo atto. Insieme a «Va’ pensiero», questi episodi rappresentano i momenti più alti d’una drammaturgia fondamentalmente nuova, fondata sull’idea della resa teatrale da perseguire a qualsiasi costo. Nel nome di quest’idea Nabucco, quel 9 marzo 1842, avrebbe segnato per Verdi il primo completo trionfo di una lunga serie.
DANZA FENICE: JUNCá E IL LAGO DEI CIGNI
Due spettacoli di danza completeranno la Stagione 2008 lirica e balletto. Mercoledì 30 gennaio 2008 con quattro repliche fino al 3 febbraio la Compañia Mercedes Ruiz proporrà al Teatro Malibran lo spettacolo di baile flamenco Juncá, vincitore del Premio della critica al Festival di Jerez 2007. Direzione artistica e coreografia di Mercedes Ruiz, in scena insieme a due danzatori, tre cantaores, due chitarristi, un pianista e un percussionista. Musica originale di Santiago Lara, testo di Santiago Lara e David Lagos, luci di Francis Mannaert, costumi di Fernando Ligero. Spettacolo in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto. Juncá è il titolo scelto da Mercedes Ruiz per il suo nuovo spettacolo, presentato in prima mondiale alla Biennale dell’Arte Flamenca di Siviglia nell’ottobre 2006 e vincitore nel marzo 2007 del Premio della critica al Festival di Jerez. Con questo lavoro l’artista di Jerez desidera esplorare le sue radici culturali, che sono quelle del flamenco più puro, e condividere con il pubblico la propria arte, frutto creativo di una personalissima fusione di immagini della tradizione e nuove invenzioni. Condividendo quanto detto una volta dal celebre architetto catalano Antonio Gaudà – «Si trova l’originalità tornando alle origini» – Mercedes Ruiz ha intrapreso un analogo viaggio di esplorazione del baile flamenco per portare al pubblico la sua interpretazione delle tradizioni di Jerez e del patrimonio culturale dei suoi antenati. Juncá è esattamente questo: un ritorno alle origini, all’essenza, alle colonne portanti della cultura flamenca. Con la sua peculiare inventiva e personalità , l’artista osa reinterpretare questa forma d’arte e ci offre una singolare visione degli stili del canto e del ballo flamenco, nati proprio nella sua città . E così la seguidilla, la soleá e la bulerÃa, le cui origini storiche affondano proprio nella comunità di Jerez, diventano parti fondamentali dello spettacolo. Benché Mercedes Ruiz sia già considerata a livello internazionale. come une delle maggiori personalità del teatro flamenco di oggi, non si è mai adagiata su clichés consolidati ma ha caratterizzato la sua carriera con una incessante ricerca coreografica ed espressiva, che contribuisce ad elevare, spettacolo dopo spettacolo, la sua dimensione artistica. Mercoledì 5 novembre 2008 con quattro repliche fino al 9 la compagnia del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo accompagnata dall’Orchestra del Teatro La Fenice proporrà un grande classico: Il lago dei cigni di Pëtr Il’iÄ ÄŒajkovskij nella storica coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov rivista nel 1950 da Konstantin Sergeev. Scene di Simon Virsaladze, costumi di Galina Solovyova. Primo di una triade celeberrima del compositore russo (La bella addormentata, 1890; Lo schiaccianoci, 1892), questo balletto trae soggetto dalla favolistica tedesca sui maghi e dai miti slavi sulle rusalke, fanciulle morte per amore e condannate a vivere nelle acque dei fiumi e dei laghi. Il principe Siegfried deve scegliere una fidanzata tra le fanciulle che parteciperanno al ballo organizzato per il suo compleanno. Il principe assorto si reca sulle rive del lago dove vede un gruppo di cigni in volo e si inoltra nel bosco per cacciarli. I cigni si mutano in magnifiche fanciulle e la più bella tra loro, Odette, spiega che esse devono sottostare all’incantesimo del cattivo mago Rothbart: solo l’amore di un giovane mai promesso ad alcuna donna potrebbe far terminare il sortilegio. Il principe la invita al ballo dell’indomani in cui la presenterà come sua futura sposa. Odette spiega però che potrà apparire in pubblico solo una volta spezzato l’incantesimo, altrimenti la vendetta del mago potrebbe rivelarsi letale per i cigni. Alla grande festa del principe Siegfried si presenta una giovane vestita di nero, Odile, con un misterioso cavaliere, il mago Rothbart. Credendola Odette il principe le dichiara il suo amore. Quando Rothbart annuncia la morte ormai prossima di Odette, Siegfried sconvolto corre nel bosco. Odette, benché tradita, perdona Siegfried e nonostante una terribile tempesta scatenata da Rothbart i due giovani riescono a vincere le forze del male e fanno trionfare il loro amore. Dopo un primo esperimento per i nipoti a Kamenka (Ucraina) nel 1871, ÄŒajkovskij ritornò sull’argomento nel giugno 1875, poco dopo aver ultimato la Terza Sinfonia. La stesura fu avviata nell’estate del 1875 su un canovaccio fornito da un amico del compositore, Vladimir BegiÄev, in collaborazione col ballerino Vasilij Gelcer. Il lago dei cigni fu rappresentato per la prima volta il 4 marzo 1877 al teatro Bol’soj di Mosca, con esito piuttosto incerto. Il balletto era forse inadeguato alle capacità espressive sia degli interpreti russi del tempo sia dell’orchestra, che trovò troppo impegnativa questa partitura. In realtà questo componimento segna uno dei traguardi più alti tra le opere Äajkovskiane di quegli anni, sia per la frequenza di proposte tematiche squisite, sia per l’assoluto magistero dell’orchestrazione. La fiaba romantica di Odette e Siegfried si snoda non più attraverso una successione di danze anonime, ma con trapassi di tempo e intensità tali da far diventare questo balletto un archetipo del dramma musicale danzato. Il successo internazionale del Lago dei cigni risale alla riedizione del lavoro coreografata da Marius Petipa, uno dei padri fondatori del balletto russo moderno, e Lev Ivanov nel 1894-95 per il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo.
IBM E LA FENICE: UNA PARTNERSHIP TECNOLOGICA - 2
Attraverso il sito www.digitalsipario.it tutti possono accedere ai video delle principali rappresentazioni messe in scena nel corso degli ultimi anni dal Teatro La Fenice. Un ambiente multimediale, che oggi contiene varie decine di video di opere complete e che è destinato ad arricchirsi sempre di più. Un potente strumento per la diffusione - a titolo totalmente gratuito - della cultura musicale, dedicato ad appassionati e professionisti, scuole e università . Digital Sipario è una miniera di informazioni musicali, artistiche e storiche. Per esempio, si possono confrontare diversi spettacoli ed esecuzioni di una stessa opera lirica, inoltre ad ogni opera è associata una documentazione inerente lo spettacolo prescelto come l’elenco di tutte le rappresentazioni storiche andate in scena alla Fenice, foto di scena e bozzetti della scenografia, rassegna stampa nazionale ed estera delle critiche più significative. In questo modo l’esperienza della fruizione artistica si arricchisce di collegamenti e approfondimenti legati al background storico dell’opera d’arte. Digital Sipario è nato dalla collaborazione tra Fondazione IBM Italia e Fondazione Teatro La Fenice in occasione della riapertura del nuovo teatro La Fenice ricostruito, con il duplice scopo di preservare nel tempo i video relativi alla produzione artistica delle passate stagioni e di quelle future e di “avvicinare†pubblici sempre più ampi e giovanili al mondo dell’opera lirica. Grazie alla partnership con IBM, il Teatro La Fenice sarà protagonista di un documentario che sarà disponibile su Internet nei prossimi mesi, come testimonial di innovazione in campo artistico e musicale.